Effetto mancato fiscal drag: con l’inflazione diminuisce il valore reale degli stipendi, ma aumenta la tassazione

Posted On 02 Mag 2024
Comment: Off

La mancata applicazione del fiscal drag ha prodotto maggiori entrate allo Stato per circa 7 milioni di euro a carico di lavoratori dipendenti e pensionati. Il sindacato aveva proposto di destinare quelle risorse ai redditi più bassi. Ma la proposta non è stata accolta, e nemmeno sono state applicate le norme di legge che prevedono di adeguare gli scaglioni di reddito all’inflazione

RSM 2 maggio 2024 – La recente diffusione alla Commissione permanente per il monitoraggio sulla fiscalità dei dati IGR relativi al 2022 ha dato l’opportunità al Segretario Generale CSdL Enzo Merlini di esprimere alcune valutazioni sul fiscal drag nell’ultima puntata di “CSdL Informa”. Fino al 2013 ogni anno veniva firmato un accordo con il quale venivano innalzati gli scaglioni di reddito per depurarli dall’effetto dell’inflazione.

La riforma tributaria del 2013 prevede che ogni 2 anni si debba fare questo adeguamento: nei primi anni successivi l’inflazione era intorno allo zero, quindi non aveva nessun impatto a livello fiscale.

Negli ultimi anni, invece, l’inflazione ha iniziato e ha continuato a salire, incidendo in maniera significativa sui redditi. Dal 2013 al 2022, l’inflazione FOI italiana, che viene presa a riferimento per la rivalutazione delle pensioni, ha registrato un aumento del costo della vita pari al 12,8%. Gli effetti sono visibili dalle tabelle allegate.

Il fatto che gli scaglioni siano rimasti invariati ha quindi prodotto maggiori entrate per il fisco pari a circa 7 milioni di euro. Questo importo ha consentito di chiudere il bilancio dello Stato in attivo.

Va rilevato che i maggiori beneficiari, in valore assoluto, di questa norma sarebbero prevalentemente i redditi più alti. In tal senso, nell’ambito delle rivendicazioni dello sciopero generale del dicembre scorso, i sindacati hanno proposto di non applicare il fiscal drag, per destinare quelle risorse ai redditi più bassi; ciò, quale misura di solidarietà ai lavoratori e pensionati in maggiori difficoltà economiche, senza gravare sulle finanze pubbliche.

Il Segretario per le Finanze, parlando dell’argomento in Consiglio, ha affermato che il fiscal drag non era stato applicato perché nessuno lo aveva chiesto; in realtà la legge non prevede che qualcuno lo debba chiedere, si deve fare e basta. In ogni caso, non è stata accolta la nostra proposta, e non è stata neanche applicata la legge così com’è.

I lavoratori dipendenti nel 2022 hanno pagato in media il 10% di tasse in più rispetto al 2019, mentre i pensionati non hanno avuto in media nessun incremento fiscale. Il dato è però viziato dal fatto che aumenta costantemente il numero di ex lavoratori frontalieri, che hanno contributi versati in parte a San Marino ed in parte in Italia. Quindi, le pensioni erogate dall’ISS ai non residenti sono parziali, proporzionate agli anni di contributi; spesso gli assegni sono inferiori ai circa 12.000 euro annui, al di sotto dei quali non si pagano tasse.

Come avevamo già preannunciato in base ai dati parziali, il fatto più eclatante è che invece le società hanno pagato in media il 65,8% di imposte in più rispetto al 2019. Significa che hanno avuto un enorme incremento di utili.

Il potere d’acquisto di lavoratori dipendenti e pensionati non si è quindi ridotto solo per effetto degli aumenti contrattuali e della rivalutazione delle pensioni inferiori al tasso d’inflazione, ma anche a causa dell’aumento dei contributi previdenziali e delle maggiori imposte pagate. Queste concause, oltre all’aumento degli affitti e degli interessi sui mutui, stanno provocando un sistematico e generalizzato impoverimento di queste categorie, che devono avere risposte concrete ed efficaci da parte del Governo. Torneremo alla carica dopo le elezioni.

CSdL