Il progetto di legge sulla rappresentatività deve essere approvato!
Serve a riportare equilibrio nella contrattazione e in generale nel paese. Per firmare contratti con valore erga omnes occorre essere maggiormente rappresentativi, e l’unico strumento certo per misurare la rappresentatività, in campo sindacale, è l’iscrizione documentata e trasparente, con il pagamento di una quota di adesione. Anche per le imprese la presenza di più contratti nello stesso settore è un problema; il progetto di legge va a sanare anche questa distorsione
Le regole sulla rappresentatività delle organizzazioni sindacali e datoriali, sono prima di tutto una questione di democrazia, tanto più in un ordinamento in cui è prevista la validità erga omnes dei contratti. È intorno a questo principio che si è sviluppato il dibattito di ieri sera organizzato dalla Centrale Sindacale Unitaria presso la sala Montelupo di Domagnano, in cui si sono confrontati rappresentanti del sindacato unitario, del Governo e della maggioranza, del mondo imprenditoriale, con la partecipazione di un esperto giurista. Il dibattito, coordinato da Giovanna Bartolucci, Capo Redattore web di San Marino RTV, e svoltosi a pochi giorni dal passaggio in seconda lettura consiliare del progetto di legge “Della libertà e attività sindacale nei luoghi di lavoro, della contrattazione collettiva e del diritto di sciopero”, ha fatto registrare una forte identità di vedute tra i partecipanti. Tutti d’accordo, dunque: il progetto di legge deve essere approvato, senza essere stravolto o snaturato dagli emendamenti
Ha esordito il Segretario Generale CDLS Marco Tura: “La legge, se verrà approvata senza essere stravolta, servirà a riportare equilibrio nel paese. Un equilibrio che si è interrotto per alcuni motivi: la legge del 1961 in alcune sue parti ha dimostrato di essere non più attuale, e si è prestata a varie interpretazioni; si è creata una confusione contrattuale con la presenza di più contratti nelle stesse categorie di lavoratori, e ciò crea difficoltà non solo ai lavoratori, ma anche alle imprese. Gli imprenditori vogliono certezze, e non la possibilità di cambiamenti in corsa; infatti un lavoratore può impugnare un altro contratto e rivendicare condizioni di miglior favore. La legge ristabilisce equilibrio confermando la validità erga omnes dei contratti, e istituzionalizzando il referendum, ovvero assicurando anche per legge il diritto del lavoratore ad avere l’ultima parola sui rinnovi contrattuali.”
Ha fatto seguito l’intervento del prof. Luciano Angelini, docente dell’Università di Urbino, collaboratore in molte occasioni delle Confederazioni sindacali. “La legge del 1961 era una norma equilibrata, ma con la comparsa di una terza sigla sindacale ha mostrato alcune crepe. Il progetto di legge in discussione è una norma molto avanzata, che andrà a produrre cambiamenti rilevanti nell’ordinamento di San Marino. L’erga omnes, è una peculiarità tutta sammarinese, che un paese come l’Italia non è riuscito ad ottenere. Ma l’erga omnes ha una conseguenza: bisogna essere trasparenti, e quindi occorre dimostrare la propria rappresentatività reale per assumere decisioni che valgono per tutti, con iscritti veri e documentati da una delega di iscrizione nota anche al datore di lavoro, che è colui che effettua la trattenuta in busta paga. La contrattazione aziendale, che viene comunque prevista anche nel progetto di legge, deve muoversi nello spazio riservato dal contratto collettivo nazionale di lavoro. Lo 0,40% è lo strumento necessario per sostenere anche economicamente il carattere erga omnes dei contratti.”
È stata quindi la volta del Segretario di Stato al Lavoro Iro Belluzzi: “Se c’è stato un ampio dibattito su questo progetto di legge, significa che c’è stato il coraggio di fare delle scelte. Questa legge era considerata una ‘non emergenza’, invece era un intervento prioritario, anche in funzione di nuovi progetti che la Segreteria al Lavoro intende presentare. San Marino deve avere norme e regole precise per chi vuole investire. Siamo in presenza di più contratti nello stesso settore; non possiamo permettere che sia il Tribunale a decidere quali parti del contratto applicare ai lavoratori. Sarebbe una perdita di democrazia. Il progetto di legge riafferma continuamente il principio della libertà di associazione sindacale, e il diritto di tutti di partecipare ai tavoli di contrattazione collettiva. Nei quindici mesi di confronto, con alcune associazioni c’è stato un muro contro muro; la polemica è stato molto sterile, figlia di quella mentalità secondo cui lo Stato deve assistere tutti, anche chi non ha la delega a farsi rappresentare.”
Quale sarà il comportamento della maggioranza al momento del passaggio in seconda lettura consiliare? Molto attesa, in tal senso, la risposta del Vice Segretario del PDCS Luca Beccari, sollecitata dalla coordinatrice del dibattito: “La maggioranza a suo tempo ha dato il via libera al progetto di legge; ci siamo confrontati durante il percorso della sua costruzione, ascoltando anche le obiezioni. Come maggioranza, abbiamo deciso che ci sono le condizioni per approvarla. Nello specifico il PDCS ha dato il suo sostegno in Commissione, e lo darà anche in Consiglio. Aggiungo che abbiamo ascoltato apprezzamenti anche da alcuni membri della minoranza, nonostante i numerosi emendamenti presentati. C’è un parallelismo tra la democrazia nella contrattazione e la democrazia nella politica. Assumere decisioni che abbiano valore universale chiama in causa la reale rappresentatività. La pluralità è positiva, ma crea frammentazione, e quindi è dannosa, come lo è nella politica. La frammentazione sindacale indebolisce fortemente la forza contrattuale dei lavoratori. La quota di iscrizione è quell’elemento che qualifica il rapporto tra iscritto e associazione, e determina la necessità che la stessa associazione si organizzi in modo democratico.”
Altrettanto significativo il contributo al dibattito del Segretario dell’Unas Pio Ugolini. “Fin dal 2005 l’UNAS ha posto il problema della rappresentatività; infatti, in base alla legge del 1961 qualunque soggetto giuridicamente riconosciuto può firmare un contratto, anche se non è rappresentativo. Avere più contratti nello stesso settore, è un grosso problema in primo luogo per le imprese, perché un lavoratore che si appella al giudice, può chiedere di applicare le norme “più costose” di ogni contratto. Il progetto di legge in seconda lettura, in primo luogo va a correggere questa anomalia che si è creata nella situazione attuale. Pensare che una piccola organizzazione con pochi aderenti possa firmare contratti validi per tutti, è come pensare che in Consiglio Grande e Generale tre persone possano assumere decisioni con valore di legge. Se un’associazione di categoria rappresenta datori di lavoro in numero significativo nel suo settore, non ha nessun motivo di avere paura della legge”.
Ha concluso il giro di interventi il Segretario Generale CSdL Giuliano Tamagnini. “La democrazia si sostanzia con le regole. Non capisco come si possa parlare di attentato alla democrazia nel porre delle regole precise sulla rappresentatività. C’è anche chi sostiene che il carattere erga omnes dei contratti può essere tolto, per essere sostituito dalla contrattazione di secondo livello. Ma a San Marino è una strada difficilmente percorribile: solo 10 imprese infatti superano i cento dipendenti, la media è di 15 dipendenti. Con questi piccoli numeri come si fa a praticare la contrattazione di secondo livello? Questa legge offre la garanzia a tutti, lavoratori e datori di lavoro, di avere contratti che non possono essere cambiati strada facendo. Per firmare contratti erga omnes occorre essere ampiamente rappresentativi: chi è minoritario non può avere la pretesa di contare come chi è maggioritario. E come si misura la rappresentatività? Unicamente con l’iscrizione, attraverso una quota versata attraverso il datore di lavoro, in modo trasparente e documentato. Per quanto riguarda lo 0,40%, è l’elemento che nel 1976 ha permesso l’unificazione delle due Confederazioni nella CSU, e che consente di offrire servizi pressoché gratuiti o a costi irrisori ai lavoratori e ai pensionati, come la dichiarazione dei redditi o l’assistenza legale. Chi vuole cancellare lo 0,40% non vuole un sindacato in grado di tutelare i lavoratori”.
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